
CHI È IL GIOVANE PILOTA PADOVANO CHE HA SBALORDITO IN SUD AFRICA
II Gran Premio del Sud Africa, terza prova del campionato mondiale F1, ha avuto un esito quanto mai amaro per i colori italiani. Le due Ferrari T3 di Reutemann e Villeneuve, su cui erano riposte molte speranze alla vigilia, hanno avuto un esordio decisamente difficile, e non hanno mai brillato finendo entrambe per ritirarsi. Lo stesso può dirsi per la Brabham-Alfa Romeo di Niki Lauda, che ha rotto il motore quando era in terza posizione.
Eppure, la corsa africana ha avuto un grande merito, quello di aver rivelato in tutto il suo potenziale un nuovo formidabile campione dal passaporto tricolore: Riccardo Patrese. Il padovano, che a Kyalami era solamente alla sua decima gara ln F1, e stato l'autentico mattatore del Gran Premio. Dopo aver realizzato il settimo tempo nelle prove ufficiali, con la nuova Arrows, e li primo negli ultimi allenamenti pregara, Patrese scattato benissimo al via, si è venuto presto a trovare nelle posizioni "calde". Con un superbo sorpasso ai danni del beniamino locale Jody Scheckter, Riccardo è passato in testa alla gara, che ha dominato in maniera incredibile sino a pochi giri dalla fine, quando una beffarda rottura di uno dei pistoni del suo Ford Cosworth l’ha tradito.
Per valutare appieno l'exploit di Riccardo Patrese, bisogna pensare che sono ormai tre anni che un pilota italiano non Vince un Gran Premio di F1. Fu infatti Vittorio Brambilla nel diluvio infernale del Gran Premio d'Austria del 1975 a far risuonare per ultimo le note dell'inno di Mameli. Prima ancora bisogna addirittura risalire a Ludovico Scarfiotti, che si impose in un bellissimo Gran Premio d'Italia a Monza nel 1966 al volante della Ferrari V12.
Emergere in F1 è stato dunque sempre un grosso problema per i piloti di casa nostra, da sempre snobbati dalle case nazionali. Ma ultimamente pare proprio che le cose stiano cambiando. Cambiano Le idee, cambiano le abitudini, e Riccardo Patrese che è l'esponente dell'ultima leva dei piloti italiani ora ci fa davvero sognare. L'exploit di Kyalami siamo sicuri non resterà fine a sé stesso: forza Riccardo!
Franco Carmignani
IL MATRIMONIO FRA PATRESE E LA FERRARI SI FARÀ

Abbiamo incontrato l'avv. Montezemolo, direttore delle relazioni esterne della Fiat ed ex assistente di Enzo Ferrari nel biennio '74-'75, alla presentazione della nuova scuderia "4 Rombi Corse", team che parteciperà con tre 131 Abarth, sponsorizzate dai Concessionari Fiat del Veneto, al Campionato Italiano dei Rallies Internazionali.
Visto che il personaggio del momento era Riccardo Patrese, dominatore del G.P del Sud Africa, abbiamo chiesto a Montezemolo di commentare l'exploit del giovane pilota padovano.
Ecco la risposta:
Credo che Patrese rappresenti attualmente la realtà giovane del’automobilismo italiano. Dopo i Brambilla e i Merzario, oggi abbiamo un Patrese che non è più una promessa, ma una effettiva realtà. È chiaro che nel mondo della Formula 1 non basta fare tre quarti di gare in testa. Però mi sembra che Patrse abbia dimostrato in Sud Africa di essere già un campione, di essere in grado di competere testa a testa can i migliori piloti del lotto, con una macchina certamente competitiva, ma che, a mio modesto parere, non può essere considerata a livello delle grandi. Quindi a maggior ragione è importante quello che Patrese sta facendo; penso che gli occhi di tutti noi si debbano puntare su di lui anche nei prossimi Gran Premi.
Un settimanale specializzato ha pubblicato in prima pagina la foto dell'Arrows di Patrese, attorniata da tanti tondini con inserite le foto, tra le tante, dell'avv. Gianni Agnelli, di Ferrari e la sua. Il titolo della copertina era più o meno: nessuno arrossisce per Patrese? Chiara era l’allusione alla politica di "chiusura" dei dirigenti automobilistici italiani nei riguardi dei piloti italiani. Cosa risponde?
Anzitutto i settimanali fanno il loro mestiere nel creare delle polemiche ed è giusto che lo facciano perché evidentemente facendo questo vendono più copie. Non mi occupo più della Ferrari dalla fine del 1975. O meglio dall’inizio del '76. Credo quindi di non poter rispondere, come vorrei, in quanto non ho preso parte alle scelte dei piloti di quest'anno. Credo però che sia sempre sbagliato ragionare con i se e con i ma. Credo che la Ferrari sia una grande realtà dell'automobilismo italiano. Patrese lo sta diventando. Se son rose fioriranno, c’è tempo, forse è un bene per tutti e due che questo matrimonio non sì sia ancora fatto perché forse si farà in maniera più solenne.
Certo che capisca, giustifica certe polemiche, quando certi piloti della Ferrari, vengono spesso coinvolti in incidenti più o meno gravi. E vi sono invece altri piloti, come Patrese, che dimostrano di andare molto, molto forte. Però, ripeto, sono dell'idea che se Patrese, come penso, è un campione, ha molti anni davanti ed è forse un bene che il matrimonio non sia avvenuto quest'anno.
Beppe Donazzan
ARROWS: LA FRECCIA CHE FA VOLARE PATRESE

Inedito il campione, inedita la vettura. La Arrows, la monoposto che ha permesso a Patrese l'eccezionale exploit di Kyalami È una vettura nuovissima, che aveva debuttato nel Gran Premio del Brasile, appena un mese prima. La Arrows è la marca fondata da un gruppo di transfughi Shadow, e precisamente Alan Rees, direttore sportivo, Tony Southgate e Dave Wass, progettisti, e appunto Patrese. Il gruppo si è avvalso dell'aiuto di Franco Ambrosio, annualmente ancora nei guai con la giustizia italiana, che ha consentito l'istallazione dei nuovi impianti.
La Arrows FA/1 è l'ennesimo pezzo di bravura di Tony Southgate, un tecnico di grande valore, che tra l'altro è stato tra i protagonisti dell'attuale rilancio della Lotus. La vettura contrariamente alle passate realizzazioni di Southgate, che puntava sul passo lunghe, è molto compatta, e sfrutta un disegno molto aerodinamico, che parte dall'idea di trasformare una F1 in una vera e propria freccia. Così accanto ai tradizionali alettoni anteriori e posteriori sulla FA/1 è stata data molta importanza alle ali laterali che contribuiscono ad aumentare il carico sulle ruote motrici posteriori, mantenendo intatta la penetrazione aerodinamica. La prima parte di tali alette laterali ha un profilo ondulato, raccordandosi poi con una seconda in cui è inserito il radiatore dell'olio. Il sistema può essere variato a seconda delle caratteristiche del circuito.
A MONTECARLO SENZA ALI

Ad esempio, su un tracciato lento come Montecarlo dove non ci sono problemi di velocità elevate, le ali saranno probabilmente rimosse. Altra caratteristica molto interessante della vettura di Patrese è il sistema frenante, che ha un inedito sistema di raffreddamento per i doppi dischi da I" delle ruote posteriori avvalendosi di una particolare canalizzazione dell'aria, che consente un'efficacia notevoli, e s'è visto a Kyalami nella famosa staccata con Scheckter.
Il Team Arrows è una squadra giovane con parecchi problemi ancora irrisolti (ma forse ci penserà Riccardo...). In particolare, c’è una pendenza legale con Don Nichols, il patron della Shadow, che ha accusato Southgate, di aver copiato per intero il disegno della DN8 l'ultima monoposte progettata per la vecchia casa.
Ci sono poi problemi di sponsor. In Brasile la Arrows si è avvalsa del sostegno della compagnia aerea carioca, in Sud Africa invece un grosso aiuto è venuto da Rolf Stommelen, ingaggiato quale secondo pilota, visto che Nilsson non si sa quando e se potrà essere disponibile. Il pilota tedesco ha infatti portato al nuovo team l'apporto di una grossa fabbrica di birra. Proprio questo però ha causato nuovi guai a Oliver e compagni. Infatti, lan Scheckter che si è visto rifiutare la seconda vettura che aveva noleggiato per la gara di casa, è ricorso anch'egli ai legali. Insomma, pare che la presenza di Ambrosio si faccia sentire!
UNA CARRIERA ESEMPLARE

Riccardo Patrese è arrivato alla F.1 in soli tre anni con una escalation molto razionale ed efficace.
Il pilota padovano, che ha oggi ventiquattro anni, si è avvicinato alle competizioni motoristiche iniziando con i kart, che ormai rappresentano una tappa fondamentale per il lancio di un giovane campione. Il kart presenta due grossi vantaggi rispetto alle altre formule tradizionali di addestramento. Consentono di iniziare molto presto, diciamo già a tredici-quattordici anni se non prima, e riescono a dare una sensibilità di guida veramente notevole. Sono infatti in tutto e per tutto dei piccoli bolidi, che richiedono molta cura nella mesa a punto. È chiaro che con gli ultimissimi sviluppi non sono più economicissimi (basti pensare che un treno di gomme “slick” sfiora le trecentomila lire, e ogni pilota che si rispetti deve poter disporre di una notevole scorta di motori), tuttavia sono ormai una via obbligata. Un giovane che esca a diciannove anni dall'esperienza kartistica è già pronto sia come preparazione che soprattutto come mentalità per salire su una F3. Patrese emerse in modo molto brillante nelle gare kartistiche: nel 1974 si laureava campione del mondo, precedendo Eddie Cheever. Subito dopo il padovano effettuò il salto nell’automobilismo, puntando decisamente sulle monoposto, e in particolare la Formula Italia, che rappresentava a quell’epoca una categoria competitiva, ma poco costosa. Nel ,75 fu protagonista di magnifici duelli con Bruno Giacomelli, che alla fine vinse il campionato, bruciandogli tra l'altro la possibilità di ottenere il contributo CSAI per passare in F 3. A quel punto le strade dei due giovani leoni dell’automobilismo italiano si sono divise. Giacomelli è emigrato in Inghilterra, e si è perfettamente integrato in quel sistema di corse, che l’ha comunque portato alle soglie della F.1.
Patrese invece si accordò con Jacopo Trivellato, che proprio quell’anno aveva assunto la rappresentanza per l’Italia della Chevron, e per pubblicizzare le sue vetture era intenzionato ad organizzare un proprio team. Con la Chevron F3 Patrese, che già allora mise in luce delle doti di grande professionista, ebbe una stagione trionfale, ribattendo colpo su colpo i successi che il suo rivale, Giacomelli, stava ottenendo in Inghilterra sulla March ufficiale. Campione d'Europa, con vittorie davanti a un avversario duro come Connie Andersson ed anche campione d'Italia, un en plein che faceva del padovano una delle più concrete speranze del nostro automobilismo.
Per il ‘77 Riccardo e rimasto fedele a Trivellato che l'ha portato in F2. Molte cose sono state dette sulla stagione del padovano nella formula cadetta. Di certo egli è stato un grande protagonista, e senz’altro l'animatore di questa serie di corse. Tant’è vero che a metà stagione, quando il discusso finanziere Franco Ambrosio, sponsor della Shadow, si trovò a proporre un altro pilota alla scuderia, in luogo di Renzo Zorzi, il solo nome che gli venne segnalato con insistenza fu quello di Riccardo Patrese. Dopo un rapido test al Paul Ricard, Patrese esordiva così a Montecarlo, piazzandosi subito dignitosamente al nono posto davanti una vecchia volpe come lckx.
Già a Monza poi era tra i primissimi: sesto tempo in prova, e una corsa da protagonista. Dopo un ulteriore brillante prova in Canada, il pilota italiano, conquistava il suo primo punticino iridato giungendo sesto in Giappone. Il grave incidente di cui in quell'occasione fu protagonista Gilles Villeneuve, neoassunto dalla Ferrari, non fece che sollevare le proteste dei tifosi italiani, che chiaramente avrebbero visto meglio “Riccardo Cuor di Leone” al suo posto!
Durante l’inverno Patrese e stato coinvolto nelle beghe del team Shadow, e a un certo momento è parso sul punto di perdere il suo posto al sole in F. 1. Ma Jackie Oliver, che dopo il divorzio dalla vecchia casa, ha fondato con l'aiuto di Ambrosio la nuova Arrows, l'ha voluto ad ogni costo.
A Patrese visto che l’altro pilota del team, Gunnar Nilsson, tuttora indisponibile, pare sia gravemente malato, è stato affidato l'intero sviluppo della nuova vettura progettata da Tony Southgate. In Brasile l’esordio, con una macchina che aveva compiuto appena un giro a Silverstone. Quel decimo posto fortemente voluto da Riccardo al Jacarepagua è stato evidentemente di ottimo auspicio per il Sud Africa e chissà per cos'altro...
PATRESE: ALLA FERRARI PENSERÒ NELL’ 79

Appena rientrato a casa, dopo la splendida corsa disputata nel Gran Premio del Sud Africa, Riccardo Patrese è stato assalito dalla Stampa, dalle varie televisioni private e dai numerosi amici.
Tutti lo vogliono vedete, tutti gli vogliono parlare. È frastornato, ma risponde a tutti con cortesia. È rimasto quello di prima.
Con lui abbiamo parlato del G.P. del Sud Africa, dei problemi dell'Arrows, di Ambrosio e dei suoi programmi futuri.
Riccardo, cosa hai pensato quando ti sei ritirato a pochissimi giri dalla fine?
Non ho pensato a niente. Era un po' incredulo. Sono rimasto chioccato. Mi ci è voluto un po' per capacitarmi del fatto di essermi fermato a soli 15 giri dalla fine.
Alla vigilia, pensavi di fare una corsa così?
No, anche prima del G.P., pur sapendo di essere stato il più veloce nelle prove libere con i serbatoi pieni, non pensava assolutamente di andare in testa, di dominare la corsa come poi è successo. Diciamo che la convinzione di poter vincere il Gran Premio mi è arrivata a metà corsa, quando ormai vedevo che, anche senza sforzo, riuscivo a guadagnare su Depailler.
La Arrows è una macchina che ha dimostrato di essere altamente competitiva dopo soli due Gran Premi. Perché?
La Arrows è stata studiata per essere una macchina competitiva. Le basi si potevano intuire quando la macchina è uscita: da come era fatta, da come era stata disegnata e dalle idee innovatrici che riportava nella sua linea così aerodinamica. È diventata competitiva in breve tempo perché il team è buono, il disegnatore Tony Southgate è uno dei più geniali che ci siano oggi in Formula 1 e diciamo un po' anche per merito mio che sono riuscito a trovare un compromesso ideale abbastanza velocemente per ottenere subito dei risultati buoni.
In questi giorni la Arrows non sta attraversando un periodo felice. Tony Southgate, progettista della Arrows ed ex Shadow è stato denunciato da Don Nichols, il “boss” della Shadow, per aver sottratto disegni e pezzi della Shadow DN9. Ci puoi chiarire questa storia?
È una storia inesistente. Chi è che dice che Tony Southgate è stato denunciato da Don Nichols? Chi è che lo dice? I giornalisti italiani appena vedono una polemica la riportano sui giornali. Ma se noi andiamo a mettere il naso ln Inghilterra, vediamo che tutte queste polemiche sono inesistenti, perché non c'è nessuna causa in corsa tra la Shadow e la Arrows e quantomeno tra Don Nichols e Tony Southgate. Le macchine saranno simili, ma non iguale.
Ma è intervenuta anche Scotland Yard...
Sì, Scotland Yard ê andata prima del G.P. del Sud Africa per vedere, su richiesta di Nichols, se c'erano dei pezzi rubati alla Shadow. È successo che Scotland Yard si è anche inquietata con Nichols perché non ha trovato niente. Ha trovato soltanto tre pedali in titanio che erano stati costruiti in sovrappiù lo scorso anno. L'unica cosa che hanno trovato sono stati i pedali dell’acceleratore, del freno e della frizione. Questo è tutto quello che ha trovato Scotland Yard.
In questo momento lo sponsor dell'Arrows, Franco Ambrosio, è in carcere. Ci puoi descrivere questo personaggio che è molto discusso dalla stampa italiana?
Prima di tutto lo sponsor dell'Arrows non è Ambrosio ma la Birra Warsteiner. Ambrosio io lo definirei un amatore, un appassionato di corse automobilistiche che ha aiutato una scuderia nuova a nascere. Per quanto riguarda lui, come uomo, io non posso altro che dire bene, perché non sto a sindacare i suoi fatti personali. Mi sono trovato benissimo con lui e tra l'altro è una persona molto simpatica.
Niki Lauda, in una recente conferenza stampa, ha dichiarato che Patrese in Sud Africa ha fatto una corsa da grande campione. Cosa ne pensi?
Adesso tutti quanti si sbilanciano a dire che sono diventato bravissimo, che sono un campione. Io sono sempre quello di prima. Infatti, parto per Long Beach, non certo per vincere, ma per cercare di qualificare la macchina. Non sono ancora entrato nell'ordine delle idee di andare per vincere un Gran Premio.
Hai fatto un pensierino alla Ferrari subito dopo il G.P. del Sud Africa?
No, un pensierino alla Ferrari semmai l'avevo fatto all'inizio dell'anno. Alla Ferrari caso mai cl penserò nel 1979.
Perché un pilota italiano si deve rivolgere all'estero se vuole emergere?
Il motivo principale è che tutta la stampa, quando un pilota italiano corre con una macchina italiana, si comporta ln modo oppressivo. Poi diciamo che era un po' di tempo che i piloti italiani non dimostravano un potenziale così valido. Per cui penso che, nell'arco di qualche anno, ci dovrà essere una politica di apertura da parte delle case italiane nei riguardi dei piloti italiani.
Beppe Donazzan

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