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Voglia Matta

Voglia Matta

DOPO DIECI ANNI DI FORMULA 1, IL PILOTA PADOVANO GIUDICA SE STESSO E GLI ALTRI


SULLE RIVISTE specializzate le sue prime foto sono apparse quando aveva appena 14 anni. Eppure Riccardo Patrese già allora era un kartista affermato e d'altronde dalla espressione spontanea, si capiva che si trovava a suo agio nelle vesti di pilota. In lui si notavano temperamento e carattere, doti che legavano bene con quella vera e propria febbre della velocità che lo animava. Gli anni sono passati, varie vicende hanno contribuito a maturare il ragazzo di allora ma le caratteristiche iniziali non sono cambiate affatto. Riccardo. pur avendo per la verità solo 32 anni, è il decano tra i piloti italiani della F1 ma la sua voglia di emergere è ancora limpida come dieci e più anni fa. Ce lo confermato lui stesso nel corso di una lunga e sincera chiacchierata.


La verità è che questi undici anni non mi sembra nemmeno siano passati; si tratta di un periodo lungo che però è trascorso molto in fretta, tanto che mi sembra ancora di essere in una fase interlocutoria, in fase di lancio. Questo perché non mi sembra di avere raccolto in base a tutto quello che ho seminato in tanti anni di carriera

Alla fine degli Anni ’70, passavi per un pilota dalla guida molto decisa. Credi sia cambiato qualche cosa da allora?


La mia guida è leggermente mutata in questo senso: si adatta di più alle situazioni ed alla vettura: se capisco di essere alla guida di una macchina che mi può dare qualche cosa, insisto in una gara di attacco, tipo quella recente di Adelaide, dove sono partito 18. e mi sono trovato poi 4. dopo una lunga serie di sorpassi. In altre occasioni cerco di conservare la macchina, dandomi da fare per entrare in zona punti ma senza insistere troppo se vedo che è inutile. Un tempo invece difendevo la posizione senza tenere conto delle condizioni del mezzo ma non è che fossi troppo irruente...


Questo mutamento è stato naturale o ragionato?


Sicuramente in parte anche naturale: quando sono arrivato in F.1 avevo 22 anni; ora ne ho 32 e c'è stata una ovvia maturazione naturale. Si arriva a ragionare in modo differente e d’altronde anche altri aspetti della mia vita sono cambiati.


I tuoi principali avversari però sostengono che tu sia uno dei pochissimi piloti con i quali è meglio non avere nulla a che fare in curva…


Beh, diciamo che un tempo i miei atteggiamenti erano più plateali; ora cerco di guidare ancora in modo redditizio e, come sembra si dica, i piloti sanno che non intendo regalare molto in curva, però dall'esterno si nota meno questo atteggiamento. Anche in questo si tratta di esperienza, dovuta a un naturale affinamento.


A proposito dei «si dice», sembra che tu sia un po’ difficile con i compagni di team…


Ecco, questo è un fatto che smentisco in assoluto: sfido subito a invitare a parlare tutti quelli che hanno corso in squadra con me, sono sicuro che al novantanove per cento, non avrebbero nulla da ridire. Io rispetto molto le esigenze del compagno occasionale ma pretendo un uguale trattamento anche da lui: se la situazione rimane bilanciata, non c'è assolutamente alcun problema. Anche quella con Piquet alla Brabham, è stata una convivenza felice, pur se sono stato costretto a soffrire un po’ perché Nelson era arrivato prima di me. Sono situazioni naturali: lo stesso mi è accaduto quando io ero in Lancia.


Però, a proposito della Lancia, quando fu inserito in squadra Alboreto, non tutto filò liscio...


Ecco una leggenda da sfatare: assolutamente non accadde nulla, io e Alboreto siamo sempre andati d’accordo per tutto quel periodo. Eravamo avversari in pista ma solo perché siamo stati messi su due vetture differenti per maggiore competitività della squadra che puntava al campionato del mondo. Siamo stati quindi divisi per una scelta tattica, non per particolari dissidi: non ci sono mai stati problemi con Alboreto in Lancia e d'altronde l'atmosfera in quell’ambiente è sempre stata ottimale. Di recente, ho letto una intervista di Ghinzani, nella quale traspariva una lamentela per una mia priorità in quanto a prove e a tempi di qualificazione. Ma, ripeto, questo dipendeva dal fatto che io avevo iniziato il programma prima degli altri.


Si intuisce che del periodo Lancia hai un buon ricordo...


Buonissimo. Alla fine dell'anno scorso ho smesso perché volevo concentrarmi molto nel programma F.1 e credo di avere agito bene, a parte che la Lancia ha poi scelto un programma limitato ma in ogni caso sarebbe stato un grosso problema passare da una posizione di guida come quella della Brabham di quest'anno ad una posizione tradizionale.


La ultrabassa Brabham Bt55 ha notoriamente una posizione sdraiata e un po’ raccolta: dunque, il passaggio ad una macchina tradizionale è così difficile?


Certamente. Con la Brabham si deve guidare in modo troppo particolare e il passaggio non sarebbe stato difficile dal punto di vista psicologico ma soprattutto sotto il profilo fisico. D'altronde quando ho guidato la “vecchia" Brabham Bt54 a Brands Hatch, ho avuto poi problemi ad adattarmi alla nuova Bt55 che comunque ha causato molte difficoltà di guida a tutti i piloti che si sono messi per la prima volta al volante di quella vettura, a me per primo, al punto che si arrivava a dire: questa macchina è inguidabile. Poi arrivava l'assuefazione ma non è stato semplice per via della posizione del collo e delle braccia.

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Torniamo ai tuoi rapporti con i compagni di team: che cosa ricordi del tuo periodo alla Brabham con Piquet? Nel primo anno avresti potuto puntare al titolo mondiale, se ti avessero lasciato la macchina con motore aspirato...


Con i “se” non è che possano essere risolti certi dubbi anche se quando sono sceso dalla Brabham Bt49 avevo più punti di Rosberg che poi è diventato campione del mondo. Il team però operò una scelta pensando al futuro che era nettamente in favore del turbo e d’altronde in quella stagione 1982 il titolo avrebbe dovuto essere della Ferrari che era ovviamente turbo e che fu bloccata dalle incredibili ben note vicende. Il passaggio al turbo Bmw fu naturale e infatti l’anno dopo Piquet vinse il campionato del mondo.


Ecco, quella stagione non è stata invece felicissima per te: hai vinto un Gran Premio ma non hai totalizzato molti punti...


Avrebbero potuto essere di più ma per un motivo o per l’altro, la macchina aveva sempre parecchi inconvenienti...


Significa che non eri sullo stesso piano di Piquet?


Questo non lo so. Io sono convinto che il materiale fosse valido ma certamente il potenziale della Bmw in quel tempo non era tale da permettere di avere motori sempre trattati con la stessa cura. A sua volta Piquet godeva nella Brabham di quella priorità alla quale accennavo prima ed inoltre era stato lui ad iniziare il programma con la Bmw.


D'altronde in prova avete ottenuto entrambi una pole position e per cinque volte sei comunque partito davanti a lui. Lo hai insomma conosciuto "da vicino" Proprio per questo motivo, quale è, a tuo parere, il motivo che lo ha portato a perdere il campionato ‘86 in modo tanto rocambolesco?


Quando un campionato finisce a quel modo, è davvero difficile poter contestare qualche cosa a Piquet e a Mansell che pure hanno perso. Ha vinto chi non ha fatto errori o almeno chi ne ha fatti di meno ma quando due piloti vincono assieme nove corse, che cosa si può dire loro? Certo hanno commesso qualche errore ma sono cose che capitano.


A tuo giudizio, quali sono gli avversari più temibili?


È difficile rispondere con precisione: non dico certamente che tutti i 26 piloti di un GP siano sullo stesso piano ma non sono pochi quelli validissimi. Solo che la possibilità di emergere, dipende molto dalla situazione vissuta dal singolo nel contesto della squadra. Se un pilota ha buone doti, migliora nettamente quando si trova nella consapevolezza dei mezzi che ha a disposizione. Con l'appoggio della squadra, il morale va alle stelle mentre un pilota può facilmente andare sotto la propria media quando si rende conto che la macchina non è competitiva e che non c’è niente da fare. Insomma, bisogna tenere conto delle stagioni, per stabilire chi sia il più temibile. Quest’anno non credo che Prost, Mansell e Piquet si preoccupassero molto di me; in futuro se avrò la vettura adatta spero proprio che la situazione possa ribaltarsi. Comunque, in assoluto ci sono due piloti decisamente molto in alto: sono Piquet e Prost, quelli cioè che hanno vinto molto.


Come sono attualmente i tuoi rapporti con i tifosi italiani? Non sempre è filato tutto liscio, nel Veneto c’è la tua roccaforte ma in altre zone sei stato meno «osannato» ...


Sono migliorati e d'altronde non posso certo lamentarmi, visto che da una statistica attendibile fatta lo scorso ano, è risultato che in Italia sono il pilota più popolare. Mi fa piacere e credo che dipenda anche da un cambiamento del mio carattere...


Che cosa significa con precisione?


Significa che sono maturato, è semplice. Quando uno ha 22 anni agisce e pensa in modo differente, rispetto a quando ne ha 32. Ma la realtà è che ero timido, ora invece sono riuscito ad instaurare un rapporto migliore con tutti.

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Il famoso «gesto» di Imola, fatto da quello spettatore che in occasione del GP dell'83 manifesto platealmente la propria soddisfazione per vederti uscire di pista quando eri in testa, non ha quindi lasciato il segno...


Ma no, quelli sono gesti inspiegabili: perché la gente va allo stadio e poi distrugge magari tutto? Quello di Imola è stato un episodio spiacevole e che è stato additato quale massimo esempio di negatività: credo sia servito anche ad insegnare qualche cosa ai tifosi.


Con la Stampa, quali sono invece i tuoi rapporti? Qualche collega sostiene che, soprattutto durante le prove di un GP, non sei tra i piloti più «facili» ...


Intanto io sono sempre molto concentrato e può darsi che qualche volta non mi vada molto di parlare ma bisogna distinguere. Io credo che molti giornalisti siano portati a fare un paragone con Piquet che è sempre pronto a scherzare e a ridere. Però, è facile agire in quel modo quando le cose vanno sempre bene: scommetto che se Piquet attraversasse un brutto periodo cambierebbe carattere. Dipende dalle situazioni, insomma, bisogna sempre valutare con piena obiettività ma se sono nelle condizioni di farlo; rispondo sempre molto volentieri e, ci tengo a sottolinearlo, sempre con molta sincerità.


In effetti la tua schiettezza è sempre stata apprezzata...


È vero: qualche volta posso non essermi trovato d'accordo con alcuni giornalisti ma, a parte che ci siamo poi sempre spiegati, possono almeno dire che io dico sempre quello che penso. E magari questo mi ha creato dei problemi: quando si affrontano sempre le situazioni di punta si può creare della suscettibilità nella persona che ti trovi davanti, sono momenti magari scomodi ma alla lunga la sincerità è una dote che finisce per essere apprezzata. Occorre poi distinguere tra singolo e collettività, come d'altronde nel caso dell'episodio di Imola: assieme tutti i tifosi che erano assiepati alle “Acque Minerali” mi hanno contestato, singolarmente non lo avrebbero fatto. Così, la “categoria dei giornalisti” dice: Patrese è uno difficile, qualche volta è anche antipatico. Se poi interpello singolarmente il singolo, sono convinto che nessuno possa sottolineare che io sia uno con il quale non si possa parlare.


In definitiva, dunque, che carattere hai?


Penso di essere un tipo pignolo, deciso fino in fondo. Quando affronto una iniziativa, cerco sempre di portarla a termine nel migliore dei modi. Magari è un pregio ma qualche volta è dura per il fatto di non essere un poco accomodante, risulta più difficile vivere. All'inizio della carriera me la prendevo sempre al massimo anche quando la macchina si fermava per ragioni che non dipendevano da me: ora sono estremamente “cattivo” con me stesso se mi fermo per colpa mia sono rassegnato in caso contrario.


Nell’ambiente delle corse, hai degli amici o lo consideri solo un ambiente di lavoro?


È difficilissimo farsi degli amici, soprattutto tra i colleghi...


Questa è una affermazione molto comune tra i piloti: perché?


Difficile spiegarlo bene; prima di tutto per la tensione e per lo stress, tanto che è difficile vivere nel paddock con i sentimenti “rilassati”, si è sempre concentrati e impegnati a dare il massimo, si fa fatica ad allacciare rapporti con chi ci sta intorno. Poi è uno sport estremamente individuale... ma soprattutto, bisogna dirlo, c'è molta diffidenza perché c'è chi pensa di rischiare di “farsi fare le scarpe” dal collega o in ogni caso che qualcuno possa agire alle spalle di un altro. Sotto certi aspetti. l'avversario resta tale anche fuori della pista e d’altronde mantenere il posto in F. 1 non è semplice perché non dipende solo dalla bravura. Dipende da tante piccole cose. Comunque, attualmente vivo una bella amicizia con Alessandro Nannini, iniziata dai tempi in cui eravamo assieme sulla Lancia. Anche con gli altri non ci sono problemi e soprattutto con gli italiani, a cominciare da Michele (Alboreto, n.d.r.), con il quale negli ultimi tempi ho riallacciato un rapporto...


Perché, cosa era successo?


Nulla. Solo che ai tempi della Lancia avevamo un certo feeling. Poi è entrato alla Ferrari e quando uno entra in quel team, secondo me finisce per isolarsi da solo per la paura di “muoversi” male o di agire peggio, per cui preferisce stare da solo. Ora Michele mi sembra maggiormente rilassato, si è cioè abituato al ruolo, tanto che è più facile instaurare un rapporto con lui.

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Nel tuo caso, Bernie Ecclestone è un datore di lavoro o anche un amico? Lui ha sempre detto di stimarti...


Per me è anche un amico anche se qualche volta c'è chi lo contesta. ln quanto alla stima, credo sia proprio vero e lo ha dimostrato prendendomi una seconda volta alla Brabham senza la minima influenza esterna: è lui che mi ha voluto. Devo aggiungere che ha sempre avuto una simpatia per me e io a mia volta non ho mai avuto niente da ridire.


Con il progettista Gordon Murray, che rapporto hai avuto? Come è in pista?


Credo che nella messa a punto della vettura riesca ad esprimere le sue doti migliori. Nell'82 e nell'83 sono rimasto esterrefatto per la capacità che dimostrava nello sfruttare positivamente le informazioni che fornivo. Io arrivavo dall’Arrows dove ero abituato a lavorare sempre assieme agli ingegneri per cercare di trovare delle soluzioni tecniche: in un primo momento sono rimasto perplesso, perché bisognava solo parlare e poi Gordon pensava a rimediare al problema. A quel tempo, sono sicuro che fosse eccellente in fatto di progettazione e lavoro in pista. Quest'anno, rientrato alla Brabham dopo due anni, lo ha trovato ancora valido ma un poco più distratto, meno caricato...


Forse per via della macchina sbagliata, la contestata Bt55?


Quella è stata una sua idea e se ne è assunta la piena responsabilità ma non è dipeso dalla macchina. C’erano dei problemi tra lui e Ecclestone, non si capivano più come un tempo. In tanti anni di convivenza assieme possono poi affiorare certi attriti che portano alla separazione. Alla McLaren sono convinto che possa trovare nuovi stimoli mentre alla Brabham, dopo tanti anni si era in un certo senso seduto.


Secondo il tuo parere come si lavora invece con la Bmw? Sono solo fornitori «asettici» o c’è una buona collaborazione?


Ecco un lato interessante: nell’82 e nell’83, l'ingegnere Rosche si integrava alla perfezione con Gordon Murray tanto che la Brabham vinse un campionato. Nei due anni di assenza mia, non posso dire come sia stato il rapporto: quest'anno questo legame è venuto certamente a mancare, tanto che le due funzioni separate hanno creato una frattura che da un lato ha contribuito a darci una macchina poco efficiente, d’altro lato ha permesso a ciascuna delle due parti di scaricare le colpe.


Però hai spesso sottolineato che la volontà della Bmw di sviluppare la vettura è sempre stata maggiore...


Ho detto e lo confermo che se ci sono stati progressi, questi sono da attribuirsi al motore grazie a vari passi in avanti della Bmw. D’altronde per tutto l’inverno abbiamo in previsione una serie di prove.


Quando sei tomato alla Brabham, l'anno scorso, tutti erano convinti che la rivoluzionaria Bt55, avrebbe potuto permettersi grossi successi: la grande delusione che così ti ha comportato?


Mah, il fatto è che è stata una illusione di brevissima durata. Per esperienza, so che se una vettura è Vincente, anche al debutto in pista riesce ad esprimersi intorno al novanta per cento e il resto arriva di conseguenza. Con la Bt55 quando mi sono messo al volante, ho capito che c’“era” sì e no per il dieci per cento. Insomma, la macchina è nata con il piede sbagliato ed è nata tardi...


Tu comunque hai fatto di tutto durante i test per migliorarla...


L’ho fatto di buon grade e lo farò ancora; in effetti ero partito con la convinzione di fare bene e non mi sono mai minimamente tirato indietro.

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D'altronde è sempre stata la tua caratteristica pur se quando sei stato all’Alfa Romeo, hai ammesso di avere passato periodi «diversi» ...


Sì ma è sempre il solito discorso; la voglia di emergere deriva anche dall’ambiente che ti circonda mentre all’Euroracing, oltre a grossi problemi tecnici, c'erano anche grossi problemi umani.


A distanza di tempo si giudica meglio cosa non andò in quella vicenda?


Mah..., tante cose; tecnicamente il motore a otto cilindri era un grosso handicap per via del regolamento basato sul consumo, tanto che nell'ultimo anno era stato promesso il quattro cilindri che poi non è mai arrivato. Poi ci sono stati troppi avvicendamenti al vertice, uniti a non pochi problemi di convivenza tra Euroracing e Alfa Romeo con continui differenti punti di vista...


Chi ha sbagliato di più tra Euroracing e Alfa Romeo?


Difficile fare una distinzione. Sono però convinto che l'operazione si presentasse con un neo fin dall'inizio: non c’era un vero capo carismatico che nel bene e nel male si assumesse le responsabilità e soprattutto prendesse le decisioni. Invece con il lavoro di gruppo, tra tante opinioni, non ne viene fuori nulla.


Dal tuo punto di vista, Pavanello è stato fagocitato dai personaggi dell'Alfa?


No, no. La questione è differente e io non addosso affatto le colpe all’Alfa...


Perché con l’ingegnere Chiti è stata una divergenza che ancora si trascina?


No, per fortuna l’ingegnere si è addolcito nei miei riguardi. Comunque, andò così: quando io e Eddie (Cheever, n.d.r.) arrivammo in Alfa alla fine dell’83, portammo ovviamente l'esperienza precedente: Bmw e Renault. Furono così programmate varie modifiche ma all’inizio della stagione successiva ci rendemmo conto che poco era stato fatto e che i problemi di consumo del motore erano enormi. Forse Chiti non era stato messo nella possibilità di agire come voleva; fatto sta che noi piloti non potevamo sostenere che le cose andassero bene ma, per quello che mi riguarda, espressi solo pareri tecnici.


Qualcuno all'epoca sostenne che fosti tu a caldeggiare l’arrivo di Tonti all'Alfa al posto di Chiti, visto che lo conoscevi tramite la Lancia...


Cosa assolutamente non vera. È stata l'Alfa a prendere quella strada. Io al massimo posso avere dato un parere quando mi hanno chiesto che cosa ne pensassi.


All'Alfa eri in squadra con Cheever; tra voi due le cose non sempre sono filate lisce. Quest'anno Eddie ha disputato solo il GP di Detroit, eppure per molti giri hai dato vita con lui ad una battaglia molto bella: in quei momenti era un avversario come un altro o era Eddie Cheever, ex-Alfa Romeo?


Considerando il suo valore di pilota, Eddie dovrebbe essere facilmente in F.1, su questo non ci sono dubbi. A Detroit è stato un osso duro; se poi quest'anno non ha trovato un team, significa che ci sono altri problemi.

Voglia Matta

Scorri mentalmente, il tuo campionato ‘86: dove hai sbagliato?


Di colpe me ne addosso due: Budapest e Messico. Nel primo caso sono uscito perché la pista era sporca, nel secondo sono stato molto criticato ed in effetti ho osato parecchio. Ma occorre considerare la situazione in generale. Ero sesto e se avessi «vivacchiato» potevo conservare la posizione; invece mi sono accorto che potevo puntare al quarto posto e mi sono dato da fare, considerando anche che mancava poco alla fine. Ho sbagliato ma non certo sotto il profilo dell'agonismo.


Il tragico incidente di Elio de Angelis, ha influito sulla tua stagione o sul team?


Certamente, ha influito parecchio. È stato un periodo bruttissimo, almeno per un mese siamo rimasti sconvolti. Però, come sempre, bisogna andare avanti anche nel rispetto di chi non c'è più e di chi ha dedicato la propria vita alle corse. È il nostro sport, bisogna sempre continuare...


Quando sei rimontato su quella macchina per la prima volta, che cosa ha pensato?


Devo dire che a Spa, al GP del Belgio, non avevo molta voglia di correre, no, a Spa proprio non avevo voglia... E questo non per timore della vettura perché non è stato affatto provato che l'incidente di Elio si sia verificato per un problema tecnico e d'altronde nella stagione non si è verificato più nulla. La vettura non aveva risposto male all'urto, i soccorsi sono stati male organizzati.


Contando gli anni del kart, è veramente una vita che sei sui campi di gara: fino a quando vuoi correre?


Fino a quando non sarò stanco ma non pongo limiti perché come integrità fisica e psicologica potrei andare avanti parecchio e d’altronde ne ho l’intenzione.

© 1986 Autosprint • Di Daniele Buzzonetti • Published here for non-profit, entertainment-only purposes

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